Cosa succede quando il desiderio di normalità si scontra con una realtà che sembra costantemente sfuggire di mano? Questo memoir profondo e senza filtri ripercorre le tappe di una vita segnata dall’inquietudine e dalla ricerca di un equilibrio mentale, un viaggio dal disincanto dell’infanzia al tumulto dell’adolescenza e, infine, alla resistenza quotidiana in una comunità terapeutica. La Villetta non è solo un luogo; è un microcosmo di umanità. Qui convivono persone che portano sulle spalle il peso di esperienze difficili e diagnosi complicate, ma che, nonostante tutto, cercano un modo di andare avanti, di ridefinire sé stessi in un mondo che spesso li giudica senza conoscerli davvero. Dalla solitudine del tentativo di mollare tutto all’incertezza di trovare un nuovo inizio, l’autore racconta con lucidità la sua battaglia per vivere in mezzo al caos interiore. Questo libro ci invita a guardare oltre le apparenze, a esplorare i margini dell’animo umano, dove risiede la vera lotta per la libertà e la comprensione.
L’autore vive l’infanzia negli anni ’70, difficili sono i rapporti con i genitori poco affettivi.
Dopo gli studi al liceo scientifico passa a studiare all’università alla Facoltà di Scienze Politiche, dove dà molti esami senza arrivare alla laurea. Nel frattempo, su insistenza del padre, svolge il servizio militare nel corpo degli Alpini, ma lui avrebbe voluto fare il servizio civile.
A 26 anni il primo ricovero in Psichiatria, poi successivamente decide di andare in comunità, dove dopo un paio di anni incomincia un tirocinio che lo porterà a pubblicare un sito web sulla psichiatria, nel quale comincia a scrivere i suoi primi racconti e pubblica storie scritte da altri pazienti. Grazie ai servizi sociali trova un lavoro nella sede amministrativa di un’importante assicurazione francese e vi lavora per 15 anni, prendendo poi casa da solo, inizialmente in affitto, poi acquistandone una sempre a Milano, quindi lasciando la comunità ma non le cure psichiatriche.
Dopo che la sorella gli comunica di avere una malattia incurabile, come dice lui, “gli scoppia la testa”.
Incomincia a dipingere, e dipinge murales sui muri di casa, poi abbandona il lavoro ed entra in contrasto con il padre, che era stato definito insieme alla madre dal suo primo psichiatra “totalmente anaffettivo”. Infatti, la sorella era il suo vero punto di riferimento nella sua vita, ma scompare due anni dopo la comparsa della malattia.
Dopo due, tre anni di privazioni per il poco denaro, muore anche il padre, e si trasferisce a casa della madre. Trova lavori saltuari che, con l’appoggio della madre ormai ottantenne, gli permettono di condurre una vita più serena, anche grazie all’introito dell’affitto della propria casa. Attualmente ha ridotto i rapporti il Centro Psicosociale e si dedica alla scrittura, all’attività di steward allo stadio e all’assistenza all’anziana madre.
La sua vita, comunque, è sempre stata caratterizzata dall’idea di uscire da situazioni di disagio e da un’intensa resilienza.
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