Gli anni Settanta hanno rappresentato un periodo di grande cambiamento e trasformazione sociale, in Italia e nel resto del mondo. Questo decennio, come anche quelli successivi, è stato testimone dello stravolgimento culturale giovanile e ha visto nascere nuove forme di espressioni artistiche e di comunicazione, inoltre il nascente attivismo politico che si affaccia sul panorama mondiale si rivela fin da subito prorompente e promuove ideali di pace, uguaglianza e libertà individuale.
Marco Tomasi, autore del primo volume di Questa è l’annata di uno di noi, allora venticinquenne, in forma diaristica descrive il primo trimestre, nel quale i singoli avvenimenti, che a volte sembrano frammentari e scollegati, in realtà si inseriscono perfettamente nel costrutto, delineando quel decennio in modo veramente singolare.
I riferimenti politici e sociali del periodo sono molto evidenti, ma soprattutto emerge il ruolo egemonico, a livello politico, economico e militare degli Stati Uniti. Marco e i suoi amici, con ironia, si trovano a dibattere sugli eventi epocali e sulle emozioni profonde che provocano, poiché sono in procinto di effettuare il “salto” verso il futuro, l’ignoto, che così tanto spaventa ma incuriosisce. La personalità di ognuno di loro è ben tratteggiata da una mano sapiente, guidata da una mente molto analitica, e le peculiarità individuali, così ottimamente delineate, si amalgamano completamente con il narrato.
Nato nel 1945 in Anaunia, alle falde delle Dolomiti di Brenta, Marco Tomasi è cresciuto a Trento, antica città fluviale, sennonché appena finiti gli studi secondari s’imbarcò per altri lidi, lasciandosi alle spalle il Duomo del Concilio in maniera semipermanente.
Laureatosi in Ingegneria Civile (Idraulica) al Politecnico di Milano, si specializzò poi in Idrologia a Galway, in Irlanda, dove si fidanzò con una ragazza del posto, che conosceva dalla notte dei tempi.
La sua vocazione alla solidarietà col Terzo Mondo si manifestò quand’era ancora di leva, nel corso di due anni passati troppo in fretta nel deserto del Sechura, in Perù, come militare in servizio civile e in luna di miele, nell’ambito di un programma di cooperazione universitaria transnazionale, patrocinato dal Ministero Italiano degli Affari Esteri (MAE).
In seguito ritornò per un decennio nel Connaught, in Irlanda, in giacca e cravatta di lana, come dirigente del Ministero dell’Ambiente nella Contea di Mayo, e docente di Idrologia presso l’Università di Galway.
Nondimeno, e non ancora quarantenne, puntuale con i presagi dell’oracolo d’Apelle, figlio d’Apollo, fece una palla di pelle di pollo, la riempì di sogni premonitori, e continuò il cammino “usque Auroram”.
Ne seguì un’ampia partecipazione in programmi bilaterali e multilaterali di cooperazione allo sviluppo, con lunghi soggiorni da mille e una notte (triennali), nei paesi più autentici e radicati del nostro pianeta (in Africa Subsahariana, in America Latina, nonché nel Medio ed Estremo Oriente), in tutti i casi sempre sotto l’ombrello dell’UNESCO, del MAE e della Commissione Europa.
Di recente ha avuto l’occasione di recuperare alcuni suoi quaderni, scritti senza reticenza nel corso della sua giovinezza. Rileggendoli a distanza di anni, constata con interesse che il cammino giovanile da lui percorso è caratterizzato da valichi universali che portano al di là del tempo e dello spazio, e decide così di mettere a confronto la sua ascesa con il cammino giovanile dei suoi lettori.
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