Io credo in un Dio creatore e operatore, ma a ben vedere ogni cosa mi rimane inconcepibile, eppur qualcosa ha senso. Io mi vedo vivere in epoche in cui la fantasia poteva correre libera. Com’era dolce la vita per alcuni prima che il mondo fosse rivoluzionato, prima che il destino fosse nell’affanno.
In questo ombroso al di qua, nel tardo pomeriggio di un giorno qualunque, passava l’ultimo treno per Yengisar. Ero deciso a prenderlo, sapevo che il treno sarebbe stato in anticipo e l’ultima corsa della vita l’avrebbe presa anche Gianorazio. E così, desideroso di lasciarmi la mia vecchia città alle spalle, mi incamminai verso la stazione, con il mio amico immaginario a tenermi compagnia. Stavo bene con lui, non era mai invadente. La nostra vita sarebbe stata diversa in quella città ariosa e il mio amico avrebbe avuto il coraggio di allontanarsi e perdersi ai piedi del monte, lontano dai vecchi ricordi.
Questo libricino è dedicato a Gianorazio Beccaparte, che da lassù vegliava sul mio viaggio, mi accompagnava nel cammino, ispirava la mia suggestiva poesia, faceva luce sul mio ultimo giorno di sole, quietava le mie notti di pensieri. Se c’è qualcosa che non vi va “ditelo alla luna”, se trovate qualcosa di fasullo parlatemene con gli occhi, se mai ci incontreremo in questo ombroso al di qua, a Yengisar.
Sono nato a Parma il 10/03/1973. I miei genitori si sono separati quando avevo cinque anni. Di quegli anni ho undici ricordi belli e uno brutto, che non sto qui ad elencarvi. Vivevo senza altri bambini con cui giocare, ma non mi sentivo solo. Tornando al tempo recente, sono ospitato in strutture psichiatriche da novembre 2015 e vivo in quella attuale (la Fattoria di Vigheffio) da agosto 2019, dove periodicamente ritrovo serenità. Ho iniziato a scrivere poesie nel giugno 2022. Oggi, ne ho 121 più alcune di amici.
Voglio raccontarvi un sogno che ho fatto in quei primi cinque anni e che, fino a una certa età, ho creduto che riguardasse cose veramente accadute: io e mia sorella (di sette anni più grande di me) siamo andati in un prato vicino a casa e c’era un buco di almeno un paio di metri di diametro di cui non si riusciva a vedere il fondo da tanto che era profondo. Siamo tornati il giorno dopo ed era recintato.
P.S: ringrazio le tre educatrici che mi hanno battuto le poesie e tutti gli amici che mi sono stati lontano in questi decenni difficili.
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