Un viaggio nella propria psiche attraverso casi clinici reali. Lo psicoterapeuta – astronauta della mente, colui che cerca di capire e approdare su nuovi pianeti che possano suggerire strategie e soluzioni – attraverso l’ascolto dei suoi pazienti rivive egli stesso paure, distacchi e vissuti propri che diventano chiari e man mano si sbrogliano nei loro intrecci e conflitti. In tutto ciò si inserisce come un filo rosso la particolare storia di Natalina, la Regina della Rabbia, e della sua amica Maria, che rappresentano simbolicamente ancora i pazienti, e il terapeuta, e in qualche modo il soggetto che dice io.
La vicenda di Natalina si intreccia con tutte le altre storie raccontate, compresa quella dell’autore. Natalina, nella sua fiaba triste, ci porta all’accettazione del vissuto di perdita, nel superamento del lutto che tante volte incontriamo nella nostra vita. Ed è così che appare subito lampante che la scrittura è salvifica nella sua capacità di sbrogliare i nodi e portarli al pettine e la verità arriva come una sorpresa, che solo alla fine disvela chi sono i veri protagonisti della storia.
Giuseppe Femia. È nato in Calabria (1983). Psicologo e psicoterapeuta cognitivo comportamentale, didatta (SPC – scuola di Psicoterapia Cognitiva), Socio SITCC – società italiana terapia cognitivo comportamentale, lavora e vive a Roma. Specializzato in psicodiagnostica e psicoterapia cognitivo/comportamentale. Si occupa principalmente di attività clinica e di ricerca. Collabora con diverse testate divulgative e coltiva la passione per l’arte e la fotografia.
Rosanna.dilillo02@gmail.com –
Ho letto nuovamente questo romanzo per assaporare le emozioni partendo, come per un buon vino, dal bouquet, per poi sorseggiarlo lentamente.
Il lettore viene condotto in un viaggio tra passato e presente, con l’utilizzo di rievocazioni che dal presente ci riportano al passato .
Un viaggio svolto da tutti i personaggi del libro – dai pazienti fino allo psicoterapeuta – passando per Natalina ,Maria e Tommaso, la cui storia fa da filo conduttore in questa narrazione . Tutti i personaggi scaturiti da questo “esempio di scrittura creativa“, hanno come scopo quello di saper lasciar andare, chi la madre , chi un figlio , chi quei MOSTRI che accompagnano timidamente in alcuni momenti ed in altri perseguitano .
Lo scrittore/psicoterapeuta con professionalità e maestria, ben analizza le emozioni degli altri, ma quando deve analizzare le proprie, sale sempre sulla sua giostra preferita: le montagne russe del suo sentire invitando così il lettore a sedersi accanto a lui e a lasciarsi condurre in questo viaggio che forse neanche lui stesso sa dove porterà.
L’emozione cardine alla base di tutte è la paura, sprone per far emergere tutte le altre che ne derivano e che spuntano in modo ossessivo da ogni personaggio .
Una narrazione che si basa sul dualismo contrapposto tra emozioni e bisogni, dove questi ultimi la fanno da padrone prendendo il sopravvento .
Tutti i personaggi sono accomunati dalla stessa paura di essere visti , che nasconde proprio il bisogno primario di esserlo, ma da occhi non giudicanti, come quelli di Maria che guardano Natalina .
Insomma questo libro riaccende emozioni spesso sopite riposte in quel cassetto che nessuno vorrebbe aprire per paura di provarle ma che prima o poi , proprio come Giuseppe ,sarà costretto a farlo .
Libro consigliato ai lettori pronti ad iniziare il proprio viaggio introspettivo o ai lettori incuriositi da quello dello scrittore, non semplice, ma estremamente coinvolgente.
Renato –
E’ stata una bella avventura poter leggere questo libro, le pagine sono volate via in fretta, segno di un piacevole scritto.
Una dei temi più centrali che ho potuto percepire è stato quello della rabbia disfunzionale, tema è stato delineato in modo efficace. La rabbia come funzione attiva del tentativo di fuga dall’infelicità, ma non individuata come fuga, ma un’efficace mezzo di difesa ed un’opportunità di cambiamento.
La rabbia come elemento positivo, la stampella a cui appoggiarsi per ricominciare a percorrere il nostro cammino di sviluppo, uno degli strumenti per non smettere di tentare una riconciliazione con noi stessi.
Naturalmente non son d’accordo con tutti i temi trattati, in quanto credo che ci sia anche la necessità di un momento di meditazione, ma questo attiene alle scelte non del psicoterapeuta, ma quelle del paziente; un momento di stasi del pensiero, per permettere alla polvere dell’irrequietezza di posarsi e ed alla nostra mente di andare più lontano, oltre i confini autoimposti.
La rabbia in fondo è paura di volare, di esplorare, sperimentare, ma sempre un grido dell’anima che reclama la libertà.
E’ stato molto interessante incontrare le tematiche dell’anomia di Merton, espresse indirettamente.
L’eleganza espressiva connota ogni singola pagina, e raggiunge alte vette di bellezza, come nella metafora dell’ape prigioniera, oppure nella commovente lettera di una delle pazienti.
Molto gradevole l’interposizione di elementi grafici, che ha ravvivato la composizione.
In fondo tutto il libro è un continuo manifestarsi del tuo sentire più profondo, forse la volontà di rinascere per poter assaporare la bellezza della vita.