Ditemi il nome di un uomo, ed io lo porterò nel cuore del mio cuore”, diceva il poeta. Ed io dico: dammi il nome di qualcuno. Di uno chiunque. Dammi il nome della persona più insospettabile, del più caro tra i tuoi amici, del più virtuoso tra i tuoi conoscenti, del più stimato tra i tuoi colleghi, del più integerrimo dei tuoi capi, ed io per questi e per ciascun nome che mi vorrai dare ti evidenzierò le mostruosità, sottolineerò le ridicole inconsistenze, le pietose contraddizioni. Di ciascuno saprò indicare la fondamentale puerilità, la meschinità, la innegabile incompetenza umana. Nessuno sfuggirà e resterà intonso al mio giudizio, così che anche il più inattaccabile degli uomini mostrerà, proprio in ragione ed in virtù di tale supposta perfezione, una sua assoluta spaventosa e fragilissima mostruosità.
L’espressione la pagliuzza e la trave rimanda alla ben nota parabola che Gesù recitò durante il discorso della montagna nel vangelo di Matteo, mettendo in guardia i suoi seguaci dal rischio di giudicare gli altri. Queste pagine ci parlano della debolezza umana, della difficoltà di instaurare rapporti autentici e sinceri, di giudizio e di ipocrisia, dell’accomodarsi dietro false apparenze per il quieto vivere e, ancora, dell’impossibilità di conoscere la verità del pensiero degli altri su di noi e del nostro gravitare in una bolla di noncuranza e incoscienza, soffocando emozioni e sentimenti dietro una maschera dall’espressione lieta. La trave resta lì, a deformare la visione della realtà, confinandoci in una solitudine sempre più profonda mentre la vita attorno è pronta a esplodere in tutta la sua più sconcertante evidenza.
Nato a Trieste nel 1958 da una famiglia istriana da parte di madre ed altoatesina da parte di padre – alterità questa che l’ha indotto a scegliere quello di Giuliano Adler come nome de plume per la sua opera di scrittura – si laurea in Giurisprudenza nella locale Università. Gli anni dell’università sono per lui gli anni di “studio matto e disperatissimo” non tanto speso sui libri di diritto quanto sui classici, anni nei quali passa da Omero a Flaubert, da Turgheniev a Mishima, ma fondamentali per la sua formazione letteraria rimangono i tedeschi, da Grimmelshausen a Döblin, a Thomas Mann in particolare, ai cui luoghi di formazione dedica in quegli anni più soggiorni, da Lubecca a Travemūnde, a Zurigo. Mantiene un rapporto forte e complesso con la sua città di origine che è costretto a lasciare per cercare più ampi spazi professionali che lo porteranno in diverse città d’Italia, tra le quali Venezia, Milano e Firenze.
Sposato con una triestina, con la quale ha avuto una figlia, ha operato per anni come dirigente in aziende industriali e di servizi nell’ambito della organizzazione e sviluppo risorse umane, ed è tuttora attivo con ruolo manageriale in una primaria azienda multinazionale.
Il suo romanzo di esordio La pagliuzza d’oro è stato pubblicato nella collana Vite sempre dal Gruppo Albatros Il Filo nel 2020.
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