Lungo le strade del mondo sono molti i monumenti ai caduti delle tante guerre per ricordare ai posteri il sacrificio dei troppi esseri umani, a cui fu troncata la vita. La Seconda Guerra Mondiale, molto più cruenta delle altre per le nuove micidiali armi, con prepotenza si infiltrò nella vita dei civili che, volenti o nolenti, furono coinvolti nello scontro.
I molti episodi che videro i civili succhiati nella spirale della guerra hanno trovato troppo limitato spazio nei libri di storia. È quindi un obbligo morale testimoniare i fatti vissuti, affinché non si dimentichino la generosità, il coraggio, l’altruismo di chi, non militare, affrontò anche la morte per salvare, tutelare gli altri. Sono onorata di presentare lo scritto di Ilario Favero, mio collega, che ha sentito la necessità di rendere noti i gravi episodi, di cui giovanissimo ragazzo fu partecipe; fatti avvenuti nella sua terra, nel Veneto.
Il suo senso del dovere, la generosità, la serietà hanno vinto la sua natura schiva, riservata e la sua testimonianza, oltre a rendere noti fatti importanti, evidenzia una vasta cultura, che egli mai ostenta.
Emma Cavazzi
Ilario Favero è nato a Megliadino San Vitale (PD) il 7 febbraio del 1930. Dal 1962 alla conclusione della carriera scolastica è stato titolare della cattedra di Applicazioni Tecniche e di Educazione Tecnica presso le scuole medie statali. Dal 1991 al 1995 è stato preside incaricato presso sedi diverse di Roma. È in pensione dal settembre del 1995.
Il sabato più lungo – 14-10-1944 è la sua prima opera.
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