Nella raccolta poetica Il Pugile Gentile – Er Poeta, di Stefano Fabrizi, si viene immediatamente condotti tra i quartieri di Roma dall’uso del dialetto romanesco che caratterizza tutta l’opera. Il linguaggio dialettale preserva la cultura di un preciso popolo conferendogli valore e un’essenza unica. Attraverso l’osservazione acuta del suo spirito egli dipinge una società romana in cambiamento, ricordando le vecchie abitudini caciarone e folcloristiche, in contrapposizione all’appiattimento monocromatico dell’oggi omologante e isolante, perdendo l’identità culturale ed espressiva.
Stefano Fabrizi è cresciuto in una delle borgate di Roma, il 17 luglio 1964. Racconta di sé: forse sarà stato proprio questo ambiente che mi ha fatto sempre considerare un “cavallo pazzo’’, infatti, all’età di 16 anni già guidavo Porsche e Ferrari e a 19 ho pilotato un aliante.
Ho fatto ogni tipo di lavoro, il muratore, fin dalla giovane età, per aiutare la mia famiglia, ad arrivare poi all’esperienza del militare. Negli anni ’90 ho partecipato all’evacuazione medica dei feriti in Jugoslavia. Successivamente sono diventato un operatore del 118 fino poi a diventare un impiegato del ministero dell’interno.
Mi porto dietro una grandissima esperienza di vita che mi ha permesso di affrontare al meglio tutto ciò che la vita mi ha riservato.
Il tempo poi è passato e mi sono creato una bellissima famiglia.
Lo sport ha sempre fatto parte della mia vita, dal judo al calcio fin da giovane, per poi appassionarmi al pugilato solo in anni più recenti: l’ho sempre praticato nel rispetto delle regole e mai nella violenza; per questo, mi è stato dato il soprannome di “Pugile Gentile’’.
Solo recentemente, per gioco, ho iniziato a scrivere poesie, rigorosamente in dialetto romano, narrando situazioni di vita.
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