Sono gli anni della guerra italo-turca e due mondi lontani si incontrano con le loro contraddizioni: le verdeggianti colline del Maceratese e gli aridi deserti libici.
La vita di Pietro e della sua famiglia è umile, fatta di tradizioni, di duro lavoro, di amore per la natura e di affetti genuini. All’improvviso tutto cambia, e un giovane che fino al giorno prima non andava nemmeno a caccia con il padre si ritrova a fronteggiare e uccidere un nemico che non ha scelto.
Le riflessioni nelle sue lettere aprono al dubbio sul senso di una guerra in un altro Paese per conquistare nuove terre che, a dispetto della propaganda, appaiono solo ventose e piene di sabbia che si infila ovunque.
La Storia universale si intreccia con la storia quotidiana di chi è partito e di chi è rimasto, dimostrando che, alla fine, le vicende dell’umanità sono ovunque simili.
Maria Pierandrei è di origine marchigiana. Appassionata delle tradizioni della sua terra, dopo la laurea ha svolto la professione di insegnante di materie letterarie nei licei. Ha pubblicato un saggio critico sulla trilogia di Giovanni Testori (grafica e stampa Soc. Coop. 2019). Con la casa editrice Albatros ha dato alle stampe per la narrativa La madre di Cecilia (2020) e Il sentiero del picchio verde (2022). Ha vinto il primo premio per i racconti brevi in lingua italiana al concorso letterario nazionale “Città di Olbia 2020”, è risultata finalista meritoria in altri concorsi letterari tra i quali il “Premio letterario Assosinderesi Awards Prima Edizione”, il “Concorso letterario Le Parole che curano”, edizione 2023, il “IX Premio letterario internazionale Salvatore Quasimodo 2023”.
lucia.aureli77@gmail.com –
Il Ghibli è un’opera che racconta vicende ambientate in uno scenario di guerra di piu’ di cento anni fa,ma i sentimenti dei protagonisti esprimono un orrore per la guerra identico a quello che oggi proviamo di fronte alle rovine ed alle tragedie causate dai numerosi conflitti bellici sparsi sulla superficie terrestre.Il titolo dato alla narrazione, il ghibli,contestualizza con precisione l’area e il tempo del conflitto rappresentato,la guerra italo-turca combattuta in territorio libico tra il 1911 ed il 1912 ai margini del Sahara. Dal deserto spira un minaccioso vento di sabbia sottilissima,il ghibli,che annebbia la vista,si caccia negli occhi,nel naso,nella bocca,arriva persino ai polmoni e rende difficile la respirazione.Un vento che era sconosciuto ai protagonisti dell’opera,i soldati di leva,appena ventenni,provenienti dalle colline dell’alto maceratese,nelle Marche.Ragazzi abituati ai lavori dei campi,che sapevano utilizzare l’aratro,coltivare le vigne assolate,dalle uve ricavavano un vinello frizzante che era la delizia dei giorni di festa.Non conoscevano le armi,solo in qualche raro caso erano andati a caccia di starne nei luoghi più boscosi.La famiglia per loro era tutto,cresciuti nei paesi in cui il cristianesimo era una fede sentita,vissuta a contatto con la natura.Il sole che faceva maturare le messi,l’acqua dei ruscelli che che refrigerava i corpi,durante le calure estive,il calore emanato dai focolari accesi,nelle rigide veglie d’inverno,il crepitio dei grandi ceppi natalizi sull’aiola del camino,erano i segni di una Provvidenza in cui i contadini credevano.Sulle orme del Poverello d’Assisi e dei suoi fraticelli che tante volte erano passati nelle loro terre e lungo i loro percorsi erano stati costruiti conventi e chiese.Sull’esempio della Madonna di Loreto,gli agricoltori si abbandonavano fiduciosi alla volontà del Creatore , un Dio Buono che era accanto a loro e ai loro animali in ogni ora della giornata e dell’anno.Ma quando il 29 settembre 1911 l’Italia dichiarò guerra ai Turchi per l’occupazione della Tripolitania e della Cirenaica,si parlò di ” fatalità storica”.I figli dei contadini vennero richiamati alle armi : erano giovanissimi ed inesperti.Avevano i loro affetti nel cuore e il distacco da essi li fece subito diffidare della propaganda bellica che prometteva una facile conquista di una ”terra promessa”, conquista che avrebbe aiutato l’italia a combattere l’atavica povertà di molti suoi figli.Nel libro attraverso le lettere di un giovane soldato,uno dei pochi che sapeva leggere e scrivere,si registra la delusione e l’orrore della guerra che sorse spontaneamente nei soldati di leva, figli di contadini cresciuti nello spirito francescano del rispetto per tutte le creature.Essi avvertirono un’avversione profonda per la guerra,per trutte le guerre.Un sentimento umano attualissimo ed è sorprendente notare come alcune riflessioni annotate su un quadernino da un ragazzo di 120 anni fa, possano ancora entrarci nel cuore ed essere un faro che mette a nudo le guerre dei nostri giorni,le guerre fuori di noi e dentro di noi.La narrazione sotto forma di lettere,ispirate agli appunti di un soldato di leva del 1911,assegnato alla caserma di Berka a Bengasi,è lineare ,chiara,adatta a qualsiasi tipo di lettore,di qualsiasi età ed estazione sociale.La lettura di questo libro è consigliata per l’efficacia delle immagini,per la fedelta’ della ricostruzione storica, per le intense riflessioni di carattere umano.