Come riportato su internet, i libri rappresentano il vero e proprio patrimonio culturale e storico di ogni civiltà. Da secoli, infatti, essi vengono impiegati per lasciare traccia di usi e costumi; grazie a essi, la fantasia di scrittori e lettori può prendere il volo. I libri ci aiutano a comprendere il mondo, ad approfondire, a riflettere, a pensare. Questo, però, i libri degli altri. Il mio ha un altro fine: regalare un sorriso. Cerco di farlo attraverso il commento della giornata del fantacalcio di alcuni amici che si son consegnati nelle mie mani e aspettano il “commento del lunedì mattina” per innescare così lo sfottò sul gruppo WhatsApp. E io ora penso: se non specificassi bene che “specie” di libro è il mio, potrei dare adito a un misunderstanding (uso questa parola per far capire che sono proprio bravo a usare Google e Wikipedia). Metti che, fra 96 anni, il mondo andrà a fuoco per via di una crisi energetica, distruggendo ogni tipo di carta, pe s scarfà nu poc¹ , compresi i rotoloni Regina con i loro famosi dieci piani di morbidezza. Metti che si salveranno solo tredici copie del mio libro, rimaste nascoste in qualche secchio e in qualche cantina: dovevano essere buttate via, ma per pigrizia non è mai stato fatto (le restanti copie erano già diventate carta riciclata quando ancora fresche di stampa, finendo proprio in un rotolone Regina). Metti che nel frattempo a comandare il mondo saranno arrivati ‘sti benedetti extraterrestri, che sono anni che ci girano intorno e nun pigliano abbiat e s’appresentà in pompa magna² . Ecco, se quelle tredici copie dovessero cadere in mano nemica, ‘sti alieni leggerebbero di Francesco Palumbo $₿ruffones€, di Giulio Caputo Faraone o di Matteo Citro l’ing. ca segg ma che fiur e mexxx facimm ja³ .
1. Per riscaldarsi un po’.
2. Non prendono l’iniziativa di presentarsi.
3. Che figura di mexxx facciamo dai.
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