Il racconto trae spunto da una storia drammatica che viene reinventata dall’autore. È la storia di Michele, che ne è lo sfortunato protagonista, e della sua famiglia.
Al centro della vicenda un sequestro di persona in Sardegna, una terra piagata nel recente passato da questo reato, dall’abigeato e da una fame che nei piccoli centri non poteva essere sconfitta con il semplice lavoro, anche perché lavoro non se ne trovava.
Michele è un uomo buono, generoso, che si adopera per risolvere il sequestro, ma subirà una cocente delusione, proprio da parte dei suoi parenti, che lo segnerà profondamente nel corpo e nell’anima.
Stefano Serra nasce a Nuoro il 20 ottobre del 1968, secondo di due figli, da Salvatore “Totore” e Francesca Piras. Fin dall’età di cinque anni sviluppa un grande interesse per la lettura e la letteratura, che lo accompagnerà per tutta la vita. Eclettico nelle scelte letterarie, ama Dante e Manzoni non meno di Ken Follett e Wilbur Smith, dei quali apprezza rispettivamente la tecnica narrativa e la bellezza delle storie e delle ambientazioni.
Dopo il Liceo si iscrive alla facoltà di Economia, avviandosi a degli studi che non porterà a termine in quanto inizia molto giovane a lavorare, ottenendo rapidamente grossi risultati di carriera. Frattanto scrive storie, novelle e piccoli racconti che non vedranno mai la pubblicazione in quanto, a ogni rilettura, non è soddisfatto del lavoro fatto e distrugge le numerose bozze. Si sposa molto giovane, a ventiquattro anni, e da questo matrimonio ha due figli, Carla e Davide, “i fiori più belli del suo giardino”. Il matrimonio finisce quattordici anni dopo e dal tormentato periodo che ne segue nasce una rinnovata esigenza di scrittura. Si impegna nello studio economico, ponendolo in relazione agli sviluppi politici e sociali contemporanei, e diventa un grande estimatore del professor Antonino Galloni e delle sue teorie economiche, giungendo alla conclusione che il periodo ultrafinanziario stia inesorabilmente condannando la gran parte del mondo a una vita di ingiuste sofferenze.
Conosce e sposa Luisa, che diventa la sua àncora di salvezza nella malattia che lo colpisce nel corpo e nella mente e che dopo trentacinque anni di attività lavorativa lo pone nella necessità di essere collocato in pensione. Grazie a Luisa trova forza e ispirazione in questo travagliato periodo per dare alla luce le sue prime due opere, Sacrificio Globale e La Trappola della Mantide, pubblicate sotto lo pseudonimo di Steve Leo.
Prima di ultimare il lavoro, concepito come una trilogia, s’imbatte in una vicenda dagli alti contenuti emotivi e decide di scriverla e pubblicarla, stavolta col proprio nome: Dignità e meschinità.
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