Catania, dicembre 2020
A cento anni esatti dalla sua nascita, ho deciso di raccogliere in questo libro otto lettere e tre biglietti scritti tra la fine del 1943 e il 1944 da mio padre durante la prigionia di guerra in Algeria, ritrovati per caso da me e mia sorella a casa dei nostri genitori. Mio padre non ci ha mai parlato di queste lettere, e, dopo averle lette, ho capito perché.
Il suo carattere introverso e poco incline a mostrare i sentimenti glielo ha impedito, perché queste lettere – che non dimenticava mai di numerare, accanto alla data – sono intrise di una tenerezza infinita per i suoi “famigliari amatissimi”, che rappresentano il suo unico e costante pensiero, che, credo, gli abbia dato la forza di resistere e poter sopravvivere.
Mentre le leggevo mi sono commossa immaginando mio padre, poco più che ventenne, che, dopo aver visto tante volte la morte in faccia durante la campagna di guerra in Nordafrica, a soli ventiquattro anni si ritrova prigioniero di guerra nei famigerati campi francesi in Algeria, eppure di altro non si preoccupa, se non di riuscire a far avere notizie alla sua famiglia, per rassicurarla, soffrendo per l’ansia di non ricevere risposta.
Mi commuove anche la profonda religiosità che traspare da queste lettere, nelle quali non manca mai un “grazia in Dio” per essere ancora vivo.
Con calligrafia straordinariamente ferma scrive chiedendo notizie dei fratelli, del cognato Biagio, marito della giovane sorella Vita (Vituzza), e dei loro bambini (Nuccia, Totò e Pina, richiamati in una lettera).
Con tratto di penna deciso assicura sempre di godere ottima salute, senza mai far lontanamente immaginare le durissime condizioni di trattamento dei prigionieri di guerra italiani nei campi francesi, che poi si scoprirà essere stati dei veri e propri campi di concentramento.
In alcune lettere ci si imbatte in piccoli errori di scrittura, che ho volutamente mantenuto nella trascrizione, perché credo siano proprio essi a tradire il reale stato di sofferenza fisica e psicologica.
Ecco allora che mio padre, uomo di poche parole, che ci ha insegnato a vivere secondo il suo modello di vita esemplare, fatto di continue rinunce e unicamente improntato al senso del dovere – verso la Patria, verso la sua famiglia di origine e verso noi due figlie – adesso, a distanza di undici anni dalla sua scomparsa, avvenuta il 7.8.2009, ci lascia un ultimo grande insegnamento, cioè che, anche nei momenti più terribili e nelle situazioni estreme, non dobbiamo mai perderci d’animo, ma ancorarci a due valori irrinunciabili: l’amore verso Dio, perché il Signore non ci abbandona mai, e l’amore per la famiglia, nella sua unità.
Grazie, papà.
La tua Enzuccia
Recensioni
Ancora non ci sono recensioni.