«Dobbiamo parlare, anima mia». Basterebbe già questo verso della prima poesia di Tutte le cose che non ho mai detto per racchiudere l’essenza dell’intera opera. Lavinia Morreale, infatti, con questa delicata silloge poetica, dà vita a un intenso dialogo interiore con la parte più intima di sé stessa, quella vera, autentica, cercando di portarla in superficie. Così, i versi di questa raccolta sgorgano come le sorgenti d’acqua più fresche: quelle che si trovano in profondità.
Lavinia Morreale, nata nel 2005 in Germania da padre siciliano e madre polacca, ha vissuto un’infanzia e un’adolescenza segnate dalla passione per il tennis agonistico. Fin da giovanissima, viaggi e sacrifici l’hanno portata lontano da casa, fino al trasferimento a Palermo a sedici anni, dove ha ritrovato un senso di familiarità.
La carriera sportiva l’ha condotta ai vertici, con la partecipazione agli Australian Open Juniores prima dei diciott’anni, tuttavia una serie di infortuni l’ha costretta a fermarsi, rappresentando un punto di svolta: «A seguito di questi eventi, cambia qualcosa in me, non riesco più a trovarci la gioia di una volta». Questa presa di coscienza l’ha portata a confrontarsi con la sfida di dover voltare pagina e lasciar andare ciò che fino a quel momento era stato il centro della sua vita.
È in questa fase di cambiamento che la scrittura ha assunto un ruolo centrale, diventando un mezzo per esplorare sé stessa e dare voce a emozioni che non riusciva a esprimere. «Scrivere mi permette di avvicinarmi alla mia anima e alleggerire il peso dei pensieri», afferma. Tutte le cose che non ho mai detto è quindi un diario di questo viaggio, che invita a elaborare le proprie emozioni e a trovare conforto nelle parole.
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