L’autore ci dona un’opera coinvolgente, sincera e appassionata, in cui le memorie personali si fondono con il resoconto lucido di fatti e avvenimenti storici.
La mia non vuole essere un’autobiografia – tra l’altro a chi potrebbe interessare la vita di un piccolo mortale non noto né alle cronache sportive né a quelle cinematografiche o dello spettacolo? – ma il racconto di uno di voi, quale sono, uno tra miliardi di persone che nel suo piccolo ha remato e remato per non affogare nel pantano melmoso di questa vana esistenza. Non ho la verità in tasca, ma nel mio racconto ci sono i miei ricordi.
Giovanni Grossi è nato il 18 febbraio del 1963 in una famiglia di umili origini, in un paesino agricolo in provincia di Frosinone di nome Pico. Da bambino di salute cagionevole ma dotato di intelligenza e intuito, timido e schivo ma coraggioso, a dispetto del fisico esile e minuto. Sempre attratto da tutto ciò che fosse arte, dalla lettura alla pittura e alla fotografia. Ha praticato calcio, calcetto e tennis. Abbandonati gli studi universitari in Giurisprudenza, ha svolto molti lavori saltuari per poi fermarsi in una grande azienda. Sposato e con una sola figlia, Chiara. Animo inquieto, sempre alla ricerca di cose nuove da fare e da imparare.
Alessandro Villari –
Strana cosa il tempo, il filosofo sant’Agostino ha detto che se nessuno gli chiede di definirlo, potrebbe dire cos’è, ma a domanda precisa non saprebbe rispondere. Giovanni Grossi ne dà una spiegazione accurata: «È come una grande ruota che avanza a volte lentamente ma per lo più troppo in fretta». Con l’autobiografia Sogni infranti (e non) di un bambino di sessant’anni, Giovanni si è cimentato con la prova più difficile di tutte: ricordare e mettere insieme la propria vita cercando di darle un senso.
Il racconto narra il percorso che lo ha reso l’uomo che è oggi. La narrazione procede per episodi singoli, mentre alcune analessi e prolessi accelerano il ritmo della lettura. Sono rappresentati momenti della vita che hanno lasciato un segno, una traccia, una cicatrice nell’autore: una grande prestazione da portiere in un torneo di calcetto, un’avventura spericolata in macchina e l’esperienza nella Capitale. «Ciò che mi porto dietro da quelle estati romane è la spensieratezza unita al sacrificio del lavoro stando lontano da casa e dai miei affetti più cari; non solo potevo occupare il mio tempo ma lo facevo soprattutto crescendo», si racconta Giovanni.
Siamo il prodotto di quello che abbiamo vissuto. Ogni giorno della settimana è importante, ogni singolo accadimento contribuisce a formare la personalità di un individuo in negativo o in positivo. Scrive Leopardi nello Zibaldone che è difficile ricordare i giorni felici perché alla fine si assomigliamo tutti, mentre quelli tristi li porteremo sempre con noi. Dall’infanzia a Pico in provincia di Frosinone ai nuovi incontri e alle invenzioni che sono sempre a un passo dal realizzarsi fino al lavoro per la Ferrarelle, marchio italiano di acque minerali. Il 30 giugno 1987 è la data che porterà sempre nel cuore: «Tutti assunti con contratto di formazione e lavoro della durata di due anni. Il primo giorno mi vide alle prese nella allora gloriosa linea di barattoli».
Dopo il calcio, si dedica ad un’altra attività: «Con il lavoro, la nuova auto e una certa stabilità economica era letteralmente esplosa una nuova passione: il tennis». Dallo sport all’amore, la vita di Giovanni sembra instradarsi quando incontra la sua lei: «Durata media dei ritardi più di un treno a vapore in tempi moderni; ma non avevo alcuna fretta e la cosa non mi pesava; ero consapevole che l’oceano in tempesta stava rallentando pian piano la sua impetuosità».
Spesso quello che ci accade di giorno in giorno non acquisisce valore se non visto in prospettiva: è il motivo per cui si studia la storia. Fatti, avvenimenti e incidenti sembrano capitare in maniera disordinata, quasi casuale. È necessario vederli dall’alto e da lontano.
L’autore non scrive un libro, ma una confessione tra perplessità, incertezze, ma anche sogni. La forza di volontà gli ha fatto superare alcuni momenti difficili. Per Giovanni, il momento che ha coinciso con quella che lui stesso definisce «rinascita» è stato l’arrivo della figlia Chiara. Lì ha capito che tutti i patimenti e le sofferenze avevano un senso e l’hanno ripagato con un fantastico dono «che ha cambiato la vita in meglio». Ogni fatica lavorativa, qualunque momento negativo nell’arco della giornata diventa di poco conto nel momento in cui Giovanni rientra a casa dalla famiglia e si sente finalmente «felice».