Fare giornalismo e fare ricerca: può esserci spazio per una nuova professione, che faccia da “ponte” tra due sponde distanti? Quello inteso dall’ambiziosa Valentina Vergani Gavoni è un modo nuovo di “notiziare”: il fine non è scrivere un articolo e parlare “alla pancia” del lettore ma raccogliere dati destinati alla ricerca sociale.
L’occasione le viene offerta dal bando di un progetto focalizzato sull’integrazione dei rifugiati ucraini in Italia e l’attenzione di Valentina si concentra sulle donne ucraine, vittime collaterali del conflitto in corso. Costrette a lasciare il loro Paese, dopo una prima fase di generosa accoglienza, sentono adesso il peso, lo “stigma” della loro condizione. Valentina trascorre molto tempo con alcune profughe ucraine ospiti di un istituto religioso in Brianza, diventando per loro un punto di riferimento, un essere umano capace di ascoltarle, riconoscerle nella loro dignità, aiutarle nelle adempienze pratiche.
Il suo è un lavoro di incontri e questo libro, cronistoria di un anno di ricerche, interviste e riflessioni, offre al lettore la possibilità di impegnarsi a sua volta in nuovi incontri e nuovi dialoghi.
Valentina Vergani Gavoni è nata a Milano il 3 aprile 1988. Laureata in politiche e relazioni internazionali alla London Metropolitan University, durante la sua carriera universitaria studia il conflitto siriano e l’occupazione armata israeliana, sui libri e sul campo. Per tre anni consecutivi si divide tra Europa e Medio Oriente. Nel 2018 torna in Italia e un anno dopo decide di diventare una giornalista professionista, si avvicina alla ricerca sociale e applica il metodo giornalistico a fine scientifico.
Questa è la sua prima pubblicazione.
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