Un grande – interminabile e perpetuo – lavoro su sé stessi, avviatosi con un attimo di consapevolezza puro. Il sublime crediamo abbia molto a che fare con l’estasi, un momento trascendentale in cui trasfiguriamo, colti da qualcosa di vorticosamente trascinante e illuminante. Questo, unito a uno spiccato estro poetico, ha permesso a Erminio di incanalare tutta l’energia di un’esperienza in una raccolta di poesie: questa silloge, infatti, ha una caratteristica molto particolare, ossia quella di essere circoscritta in un ambito temporale esatto, preciso, per di più caratterizzato da un forte simbolismo.
Erminio Manariti È un ragazzo di ventuno anni, che vive da quando vi è nato a Reggio Calabria. Nonostante abbia intrapreso un percorso di studi non umanistico, frequentando un liceo scientifico e poi la facoltà di ingegneria, ha fin da piccolo sentito la necessità di trasformare la sua malinconia in qualcosa di bello. Riguardo questo, dice: «Era estate, le infinite giornate si alternavano facendo gravare su di me lo scorrere del tempo. Ricordo ancora io e mia madre seduti sul balcone mentre venivo sopraffatto per la prima volta da quell’allora strana sensazione data da un violentemente immenso tramonto. Adesso so cos’era: il sublime. Un qualcosa di tanto meraviglioso quanto terrorizzante, che da allora tiene me in vita con l’obbiettivo di riuscire a coglierne l’essenza. Potevo avere circa sette anni, ma da allora qualcosa è cambiato; crescendo ho iniziato a sviluppare una particolare consapevolezza che pende su di me come una spada di Damocle.
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