Nell’autunno del 1944 l’Emilia-Romagna, appena liberata dall’occupazione tedesca, si interrogava con preoccupazione su quanto poteva riservare la fine o il proseguimento del conflitto mondiale; il fronte delle operazioni di guerra si era fermato a pochi chilometri e il nord dell’Italia era ancora sotto il regime nazifascista. In quei giorni nella gente di questo territorio si agitavano contrastanti sentimenti: il ritorno al regime che l’aveva illusa in sogni di grandezza e la delusione per la fine che stava profilandosi pur auspicando un pronto ritorno della pace. L’interesse quotidiano era tuttavia dedicato alla ricerca di soluzioni per superare le difficoltà del presente fra odio, diffidenza e miseria. Il racconto che si snoda in questo romanzo, sorretto da spunti autobiografici, è il ritratto di quel periodo visto dagli occhi di un adolescente: le vicende di Robertino, attraverso i suoi occhi, e della sua famiglia. Il protagonista ci guida dentro la realtà difficile di quegli anni: la guerra ancora in corso, ma prossima alla fine, viene rievocata con la paura dei bombardamenti, con le difficoltà quotidiane nella ricerca dei generi necessari alla sopravvivenza, i luoghi dove cercare riparo e la conseguente vita al buio; quindi la fine della guerra, la resa dei conti, la ripresa, i cambiamenti. La vita prosegue dove la famiglia si deve trasferire, in un paese di mare che viene descritto così come si presentava nell’immediato dopoguerra, la frequentazione della scuola ivi riaperta che accoglieva anche i ragazzi quasi maggiorenni privati dell’istruzione negli ultimi anni, ma ormai inseriti nelle attività di vita e ben più navigati del protagonista di questo racconto. Le difficoltà legate alla sopravvivenza lasciavano poco spazio agli adulti per occuparsi dei ragazzi, della loro necessità di crescere accostandosi gradualmente e con delicatezza alla conoscenza delle fasi successive della vita. Le esperienze di ogni giorno, nel periodo di ansiosa attesa di ciò che poteva accadere e negli avvenimenti del periodo successivo, quando l’intera Nazione si avviò lungo il cammino della conquistata libertà, sono vissute dall’adolescente Robertino nella loro crudezza, esperienze che lo portarono prepotentemente a maturare pur lasciandolo nella sua acerba e incantata sensibilità che non accettava di adeguarsi alla violenza dei fatti quotidiani che la realtà poneva sotto i suoi occhi. Il primo sorgere dei teneri sentimenti dell’amore e dell’attrazione verso l’altro sesso. I ricordi non sono mai solo rievocazioni ma più spesso proiezioni nel sogno e nella visione poetica in cui si vogliono trasformare le esperienze vissute.
Nando Taddei è nato a Forlì nel 1936 e conseguita la maturità scientifica nel 1954 si iscrisse alla facoltà di Chimica industriale dell’Università di Bologna conseguendo la laurea nel 1959. Intraprese subito la carriera universitaria, prima a Bologna e poi a Modena, percorrendo tutti i passaggi sino al ruolo di professore ordinario. Durante il lungo periodo universitario dedicato all’insegnamento e alla ricerca scientifica ha coltivato anche un acceso interesse per la storia della Scienza curandone la divulgazione e dedicando altresì ritagli di tempo nell’annotare brani di ricordi legati ad esperienze della propria infanzia e di vari altri periodi della propria esistenza confluiti in racconti rimasti inediti e nella stesura di questo romanzo. Lasciato l’insegnamento universitario si è dedicato interamente a sostenere la ripresa dell’attività dell’Accademia di Scienze Lettere e Arti di Modena, prestigioso ente culturale di nascita estense, tenendone la presidenza per quindici anni e curandone l’attività culturale. In questi anni ha approfondito il proprio interesse per la storia della Scienza con produzione di articoli e testi. Fin dal 1984 ha diretto la pubblicazione dell’Edizione Nazionale delle Opere di Lazzaro Spallanzani alla quale ha anche contribuito con propri scritti.
La Stagione dei Marusticani è il suo primo romanzo.
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